lunedì 31 dicembre 2012
sabato 22 dicembre 2012
giovedì 6 dicembre 2012
Un cottage eco-friendly nascosto nei boschi attorno a Seattle
di ENRICA BARTALOTTA il 13 NOVEMBRE 2012 · 0 COMMENTI
Avete mai sognato di poter dormire all’aperto, sotto un cielo di stelle, tu e tutt’intorno solo il verde?! L’idea c’è ed èSneeoosh Cabin di ZeroPlus Architects un cottage realizzato con materiali e metodologie ecosostenibili, incastonato nella foresta appena fuori lo Stretto di Puget, nello Stato di Washington, vicino a Seattle.
Per crearlo, gli architetti si sono ispirati alla magia del campeggio; interamente circondato dalla luce solare che filtra attraverso le enormi vetrate che ne costituiscono il perimetro, è stato costruito con l’aiuto di un arboricoltore seguendo metodologie con il minimo impatto sull’ambiente circostante.
La casa poggia su sottili dischi di cemento che sollevano lievemente le sue fondamenta dal terreno, lasciando leradici dei cedri e delle conifere duglasie, libere di vivere. Lo scheletro è costituito da un prefabbricato in metallo leggero e il tetto è stato realizzato con un rivestimento, anch’esso prefabbricato, che offre isolamento termico e riparo dagli agenti esterni anche migliore delle case costruite in maniera tradizionale, in maniera più economica e con un peso specifico minore.
I pannelli prefabbricati sono composti generalmente da uno strato di schiuma di polistirene o poliuretano, racchiuso tra due lamine di metallo, cemento o compensato, e vengono utilizzati normalmente per le pareti, i pavimenti o i tetti delle case modulari, con un significativo risparmio anche in termini di costi di produzione e trasporto. I materiali dellestrutture prefabbricate sono più costosi rispetto al solito legno e cemento che costituiscono la maggior parte delle abitazioni americane provenienti da costruttori privati, ma il costo totale finisce con l’essere minore in quanto la produzione in serie diminuisce i costi di fabbricazione e di manodopera.
Notevole è anche il risparmio in termini di tempo e di trasporto, in quanto tutto viene realizzato indoors, quindi non vi sono viaggi continui (e magari extra) dal sito alla fabbrica per il trasferimento di materiale; quando la struttura è terminata necessita solo di essere traportata per essere montata.
Negli Stati Uniti si stima un risparmio complessivo che può arrivare fino ad un interessante 40%! Inoltre, le strutture prefabbricate sembrano resistere molto meglio all’usura del tempo e sono molto più facilmente adattabili a qualsiasi customizzazione di design venga richiesta.
Nell’ottica di ridurre l’inquinamento si diffonde sempre la costruzione della casa passiva, attraverso la quale è possibile sfruttare il calore derivante dal sole che giunge dalle superfici vetrate e sfrutta i guadagni termici derivanti dalle attività umane svolte nella casa stessa.
Il tutto avviene tramite un perfetto isolamento delle pareti e del tetto impedendo di fatto la dispersione di calore e ad un impianto di ventilazione utilizzato sia per il riscaldamento che per il raffrescamento con cosumi inferiori a quelli di un ferro da stiro. La casa passiva è molto diffusa nel Nord Europa con ottimi risultati anche in zone con clima molto più freddo del nostro paese, dove però c’è una cultura del risparmio più radicata.
Nel dettaglio, la guida alla costruzione di una casa passiva prevede che si inizi fin dalle fondamenta, con la realizzazione di un cappotto termico evitandore eventuali ponti termici. Si passa poi agli elementi verticali della casa passiva tramite la realizzazione di pareti leggere esterne, tipiche degli edifici a consumi controllati. Stesso trattamento viene effettuato per l’isolamento in corrispondenza dei nodi parete-solaio e delle coperture.
Non meno importante è la riqualificazione delle vecchie case tramite piccoli accorgimenti che permettono così di ottenere in poco tempo un significativo risparmio energetico, oltre al miglioramento del comfort interno. Non va dimenticato inoltre che tali interventi permettono di usufruire degli incentivi fiscali disponibili per tutto il 2010, con detrazioni del 55% per tutti gli interventi che hanno come scopo quello della riqualificazione energetica degli edifici.
Tra questi vanno ricordati: sostituzione degli infissi, isolamento a cappotto delle facciate che consentono un notovole risparmio energetico e la detrazione di tutte le spese relative a materiali e posa in opera.
Inoltre l’utilizzo dei pannelli in lana di roccia offrono anche un miglioramento del comfort acustico.
mercoledì 28 novembre 2012
mercoledì 14 novembre 2012
Bioedilizia
Ecovillaggi e architettura bioclimatica
Se ne parla sempre più spesso ma cosa è la bioedilizia? Proviamo a fornire qualche esempio pratico per rendere meglio l'idea:
- Illuminazione naturale
La luce esterna può aumentare la luminosità degli ambienti interni riducendo la necessità di consumare energia elettrica. - Pannelli solari fotovoltaici e termici
Prevedere l'installazione di impianti a pannelli solari per produrre energia elettrica e acqua calda fin dalla fase di progettazione dell'edificio non costa molto. - Serre
Alcuni ambienti possono essere progettati con la funzionalità tipica delle serre. La serra assorbe il calore solare riutilizzandolo per finalità energetiche (es. riscaldamento). - Climatizzazione/raffrescamento naturale
L'eco-architettura favorisce l'uso delle risorse naturali e rinnovabili anche nel raffrescamento degli ambienti tramite l'uso di condotti d'aria sotterranei o mediante una gestione delle ventilazioni naturali o dei movimenti d'aria. Nelle estati torride degli anni '70 si trovava piacevole refrigerio aprendo la porta di casa e facendo circolare l'aria fresca delle scale. Piccoli stratagemmi del nostro passato che l'eco-architettura riutilizza in modo scientifico. Il raffrescamento naturale evita di ricorrere ai climatizzatori elettrici con grande risparmio di energia elettrica in bolletta e con grande abbattimento dell'inquinamento esterno. - Una casa immersa nel verde
La bioarchitettura non porta l'edilizia nei luoghi naturali bensì integra il verde e la natura nelle località urbane residenziali. Un mix ottimale tra comfort e natura, migliorando il piacere e la qualità della vita. - Il risparmio energetico
L'eco-architettura e l'architettura bioclimatica disegnano un nuovo concetto di "edilizia verde" nel pieno rispetto dell'ambiente, con una minore spesa per chi ci abiterà. L'edilizia verde può ridurre del 50% la spesa energetica delle famiglie e abbattere l'inquinamento di CO2 prodotto dal riscaldamento, l'illuminazione e la climatizzazione.
In conclusione l'eco-architettura non riduce in alcun modo il piacere di vivere la propria casa, anzi ha come scopo proprio il miglioramento del benessere e della qualità della vita. Le nuove abitazioni godono infatti di particolari accorgimenti tali da ridurre l'inquinamento e i consumi/spese senza intaccare le comodità del vivere moderno.
E' pertanto una risposta alla ricerca di una qualità della vita ormai perduta nella congestione delle città moderne. In breve, la bioedilizia ha sicuramente costi maggiori ma consente un vantaggio in termini di benessere e di risparmio in bolletta, oltre ad aumentare il valore patrimoniale dell'immobile.
lunedì 12 novembre 2012
"Bio-village Torrito"
Villetta indipendente su due livelli, classe energetica A, con tre camere, 2/3 bagni,living, cucina,patio, con possibilità di avere la piscina, riscaldamento a pavimento, struttura in legno.
venerdì 9 novembre 2012
Biopiscine: arriva la piscina naturale che non contiene cloro
di ALESSANDRA MAMBRI il 11 OTTOBRE 2011 · 3 COMMENTI
L’abbiamo desiderata durante le calde giornate estive trascorse in città, l’abbiamo preferita alle gite domenicali al mare per evitare la folla e il traffico, ci torna utile per la linea durante l’inverno grazie ai tanti sport acquatici che vi si possono praticare….è la piscina…fonte inesauribile di risorse!
Unico svantaggio è quella sensazione di immergersi in un ambiente innaturale a causa delle sostanze chimiche usate per il trattamento dell’acqua come…quello spiacevole odore che lascia addosso! La novità viene dal Nord Europa, dove stanno spopolando le biopiscine: l’evoluzione della piscina tradizionalerivista in chiave naturale ed ecologica. L’innovazione sta nel trattamento delle acque non più legato all’utilizzo di cloro, ozono o altri agenti chimici ma che provvede alla propria pulizia attraverso la fitodepurazione.Si tratta di “un processo naturale di depurazione delle acque reflue, che utilizza le piante acquatiche come filtri biologici per ridurre le sostanze inquinanti presenti nel corpo idrico, in azione sinergica con i batteri nitrificanti”.
Si utilizzano piante di ambienti paludosi, che vivono sulle sponde dei bacini acquatici di acqua dolce, perfette pompe di ossigeno che svolgono la loro attività fitodepurativa in azione sinergica coi batteri nitrificanti, purificando le acque inquinate (come i residui domestici, zootecnici, industriali).
L’utilizzo di sostanze organiche che permettono il riciclo dell’acqua attraverso questi batteri-filtro rendono possibile la purificazione e la rimineralizzazione della stessa e, i severi controlli relativi ad esempio all’ecosistema della vasca (la temperatura dell’acqua non deve essere troppo elevata) rendono questa tipologia di piscine più sicure dalla proliferazione di batteri nocivi.La nuova tecnologia è anche a basso costo, perchè l’installazione e la manutenzionedella biopiscina richiedono cifre inferiori rispetto alle vasche tradizionali. Le biopiscine hanno un basso impatto ambientale, non fanno ricorso ad alcun trattamento chimico permettendo anche un risparmio in termini di costi di prodotti chimici, sono per questo più ecocompatibili, permettono il riciclaggio dell’acqua con un conseguente risparmio idrico e si inseriscono meglio anche nel contesto paesaggistico che le ospita grazie agli elementi che la caratterizzano (laghetto di sorgente, filtri biologici, ruscello, zona di rigenerazione).
Ovviamente il mare è sempre meglio ma se dovete scegliere una piscina per chi può permetterselo o un albergo con piscina scegliete una piscina “BIO” per tutelare al meglio l’ecosostenibilità.
martedì 6 novembre 2012
Nuovo auditorium tutto in legno per l'Aquila
A firmare il progetto è l'architetto genovese Renzo Piano, sostenuto dalla Provincia Autonoma di Trento
Attende ancora il collaudo e l'agibilità per aprire al grande pubblico, ma già è diventato un simbolo vivente della ricostruzione dell'Aquila.
SPAZIO CULTURALE MULTIFUNZIONALE. Parliamo di “Auditoriumnelparco”, lo spazio culturale realizzato per il capoluogo abruzzese dall'architetto genovese Renzo Piano. Realizzato con poco meno di 7 milioni raccolti dalla Provincia Autonoma di Trento, l'edificio si presenta come una composizione di tre grandi cubi accostati in maniera apparentemente casuale e pensati per poter ospitare in maniera versatile eventi musicali, conferenze e videoproiezioni.
ANTISISMICO. Dotato di una caffetteria e un nutrito bookshop, il nuovo edificio vuole rappresentare simbolicamente una rinascita culturale e architettonica della città, ancora in ginocchio per il sisma del 2009 e desiderosa di un nuovo futuro. Non a caso la struttura è stata progettata per essere rigorosamente antisismica. In particolare, il nuovissimo Auditorium vuole essere un esempio delle prestazioni e della durevolezza delle costruzioni in legno, come spiega il presidente della provincia di Trento, Lorenzo Dellai: “Dobbiamo sfatare i pregiudizi e i luoghi comuni che limitano la diffusione di tale materiale. In Italia si è persa la cultura dell'edilizia in legno. Un paradosso, visto che molte regioni avrebbero a disposizione legname di primissima qualità e aziende in grado di competere ad alto livello con i concorrenti internazionali. Speriamo che l'auditorium de L'Aquila serva a rafforzare una filiera foresta legno che potrebbe rappresentare un settore strategico sul quale investire”.
MARCHIO ARCA PER EDIFICI SOSTENIBILI A PROVA DI SISMA E FUOCO. Non soltanto. Auditoriumnelparco ha già raggiunto un primato: si tratta infatti del primo edificio pubblico in Italia ad aver ricevuto la certificazione ARCA (ARchitettura - Comfort - Ambiente), un marchio promosso dalla provincia di Trento e gestito dal Distretto Tecnologico Trentino che viene assegnato esclusivamente ad edifici testati per elevata resistenza a fuoco e fenomeni sismici, alti livelli di isolamento acustico ed efficienza energetica e realizzazione in legno proveniente da boschi gestiti in maniera sostenibile.
UN ASSAGGIO DELL'OTTIMA ACUSTICA. Infine, il legno è garanzia di ottime prestazioni acustiche, come è stato dimostrato dal concerto diretto da Abbado, che si è tenuto a settimana, primo assaggio di un Auditorium simbolo per l'Aquila e gli aquilani.
sabato 27 ottobre 2012
EFFICIENZA ENERGETICA ...QUESTA SCONOSCIUTA!
Scoprire quanto consuma un appartamento prima di acquistarlo, conoscere gli sprechi e come eliminarli grazie alla certificazione energetica degli edifici. Ecco cosa sapere e come leggere un certificato.
Chiunque abbia avuto modo di sfogliare le pagine degli annunci immobiliari negli ultimi tempi, avrà notato la presenza di “strane sigle “alle quali vengono affiancate delle lettere fra cui spicca, troppo spesso, la lettera G. Ciò riguarda una recente novità legislativa – spesso non rispettata – volta a rendere consapevoli del livello di (in)efficienza energetica dell’immobile che si vuol cedere.
L’obbligo di certificazione energetica degli edifici è stato introdotto – a seguito di un iter legislativo partito dalla direttiva 2002/91/CE – con l’obiettivo di rendere consapevoli eventuali acquirenti e/o locatari dei consumi energetici degli immobili e degli interventi che si potrebbero realizzare per migliorarne le prestazioni energetiche. Al fine poi di poter far rientrare nella valutazione complessiva del rapporto qualità/prezzo anche i dati relativi all’efficienza o agli sprechi energetici, il legislatore ha introdotto a partire dal 2012 l’obbligo di dare indicazione (anche negli annunci immobiliari) dell’indice di prestazione energetica (EPgl chiamato anche IPE) contenuto nell’Attestato di Certificazione Energetica (ACE). Per i trasgressori sono previste pesanti sanzioni pecuniarie, il cui importo varia a seconda delle norme regionali applicabili.
Attraverso l’ACE l’acquirente o locatario potrà finalmente conoscere i consumi annui, calcolati grazie a misurazioni oggettive che non tengono conto dei comportamenti dei singoli e/o delle condizioni climatiche. Tale scelta segue iniziative già consolidate in Europa, basti pensare alla classificazione energetica degli elettrodomestici. Nell’ACE il certificatore, oltre a dare un giudizio sull’efficienza energetica dell’immobile, potrà riportare anche i possibili interventi per migliorarla indicando il livello che si potrebbe raggiungere e gli anni necessari a recuperare l’investimento.
Al fine di rendere intellegibili i dati contenuti nell’ACE, essi sono espressi sia con valori numerici che con rappresentazioni grafiche, come le scale e i cruscotti che esemplificano illivello energetico dell’immobile. In dettaglio vengono poi riportate le singole voci di consumo.
Come ci spiega l’esperto Ing. Andrea Ursini Casalena – che ha messo a disposizione nel suo portale on-line un interessante strumento di calcolo nonché una raccolta di informazioni specifiche sulla certificazione energetica – la scala energetica che colloca l’immobile da A a G rappresenta l’indice di energia primaria globale (EPgl) dato dalla somma degli indici di prestazione energetica per il riscaldamento invernale (EPi) – che rappresenta l’energia che si consuma in un anno per riscaldare un metro quadro – e per l’acqua calda sanitaria (EPacs), il cui valore dipende, in gran parte, dal mezzo di produzione ovvero se ciò avvenga con caldaia centralizzata o autonoma, con boiler a gas o elettrico.
Sulla base del valore dell’ EPgl, il legislatore italiano ha definito la classificazione di merito degli edifici: per essere di classe A un edificio deve consumare meno di 29 KWh/mq all’anno; in classe B si è dai 58 ai 29 KWh/mq; e così via fino alla classe G che consuma più di 175 KWh/mq.
L’EPi, come spiega l’Ing. Ursini Casalena
è il parametro che differenzia due edifici in termini di consumo energetico, in quanto all’interno di una stessa classe energetica possono essere compresi edifici con consumi energetici diversi che incidono sul comfort e le spese di conduzione.
Così, ci spiega l’esperto, due edifici in classe G potrebbero rispettivamente consumare 180 KWh/mq e 360 KWh/mq, ovvero uno il doppio dell’altro.
All’interno dell’attestato rientrano inoltre le informazioni relative alla presenza o meno di contributi energetici da fonti rinnovabili, le emissioni di CO2 stimate, l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva e quello per l’illuminazione artificiale (entrambi non ancora obbligatori per il residenziale), la zona climatica e i suggerimenti dell’esperto per migliorare (e quindi diminuire) i consumi.
Il certificato energetico, la cui validità massima è fissata in dieci anni (ma in caso di lavori che modifichino la prestazione energetica dell’edificio sarà necessario rifarlo), è poicondizione necessaria per l’ottenimento di una serie di agevolazioni fiscali per ristrutturare gli edifici e migliorarne la classe energetica.
Questo importantissimo strumento potrà finalmente premiare chi si impegna a rendere più efficiente la propria abitazione, incentivando e motivando coloro i quali non hanno ancora provveduto a farlo?
Autore
Vai alla scheda biografica di Letizia Palmisano
lunedì 15 ottobre 2012
sabato 13 ottobre 2012
BIOEDILIZIA
Bioedilizia: la coscienza ecologica e il contributo dell'edilizia
La constatazione dello stretto legame tra problematiche ambientali e modello di sviluppo dominante induce alcuni professionisti del settore a indicare una proposta di cambiamento nelle modalità di concezione dell'edilizia. Nasce il Manifesto per un'architettura bioecologica.
di Serena Casu
Articolo letto 437 volte
Negli ultimi decenni è andata sempre più accentuandosi una particolare attenzione verso le problematiche ambientali, non solo da parte di singoli gruppi già sensibili a tali tematiche, ma soprattutto a livello di "sentire comune". La diffusione di quella che molto genericamente possiamo definire "coscienza ecologica" ha favorito lo sviluppo di numerose iniziative legislative sia a carattere nazionale che comunitario e internazionale in genere. Non è questa la sede per approfondire le singole iniziative (si pensi – tra le altre – al protocollo di Kyoto, oppure alle diverse conferenze mondiali che annualmente affrontano il problema dei cambiamenti climatici), né per analizzare meriti, risultati e limiti delle stesse iniziative. Quello che ci interessa in questa sede è riconoscere l'importanza crescente che le problematiche connesse al tema ambientale hanno assunto nella coscienza comune dei cittadini, oltre che individuare il contributo che può offrire il settore delle costruzioni se non alla risoluzione, quanto meno alla mitigazione degli impatti ambientali connessi al settore edilizio.
Se si considera che, solo a livello europeo, si assiste annualmente ad un incremento pari a circa l'1,5% del patrimonio immobiliare, nonostante una crescita demografica sostanzialmente prossima allo zero [1], con l'aumento dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra che ne consegue, ci si rende conto di quanto il settore delle costruzioni possa farsi partecipe e promotore di un cambiamento culturale prima ancora che pratico. È proprio in nome di questi principi che, dalla fine degli anni '80 del Novecento, ha cominciato ad esprimersi da parte di alcuni professionisti del settore, una precisa volontà di cambiamento nella stessa concezione degli edifici. Risale al 1989 la stesura e la pubblicazione di un Manifesto per un'architettura bioecologica. Vediamo cosa scrivevano gli estensori di questo documento, Siegfrid Camana, Gianfranco Carignano, Enrico Micelli ed Ermes Santi.
"Se osserviamo la situazione ambientale del pianeta Terra dobbiamo constatare che l'attuale modello di sviluppo sta per raggiungere il punto di rottura. E' necessaria una presa di coscienza generale per comprendere come si è giunti a tale situazione, per evitare la catastrofe che si profila, 'inventando' un nuovo modello, che sia in grado di arrestare questo processo di autodistruzione. […] L'uomo ha raggiunto, con l'attuale modello di sviluppo, i limiti di tolleranza di questa situazione innaturale. L'ambiente chiede ormai tregua alla violenza che gli viene imposta. L'attività edilizia, in particolare, è per lo più fonte di distruzione dell'ambiente. Essa non può più esprimersi come appropriazione di nuove aree, sfruttate intensamente da una attività costruttiva sempre più prepotente. […] [L'Architettura Bioecologica] si propone, come elemento fondamentale, il ripristino di un territorio sano, in cui inserire infrastrutture e servizi decisamente non inquinanti, supporti di agglomerati urbani 'vivibili', per ritrovare anche quei rapporti sociali che progressivamente si sono disgregati" [2].
Avremo modo di tornare in seguito sul Manifesto, per osservare quali sono i risultati che si prefigge di ottenere e quali le modalità con cui farlo. Per il momento possiamo soffermarci sul punto di partenza, sulle cause che hanno indotto gli estensori a redigerlo. Punto di partenza è la constatazione della stretta connessione tra problematiche ambientali e modello di sviluppo dominante. Se tale modello di sviluppo ha generato queste problematiche, la soluzione non può che essere il cambiamento proprio di questo modello, e ciò può avvenire solo se si realizza una presa di coscienza generale. Il Manifesto si propone, quindi, di modificare questo modello di sviluppo indicandone un altro, per la realizzazione del quale è necessario che l'architettura dia il suo contributo.
Se si considera che, solo a livello europeo, si assiste annualmente ad un incremento pari a circa l'1,5% del patrimonio immobiliare, nonostante una crescita demografica sostanzialmente prossima allo zero [1], con l'aumento dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra che ne consegue, ci si rende conto di quanto il settore delle costruzioni possa farsi partecipe e promotore di un cambiamento culturale prima ancora che pratico. È proprio in nome di questi principi che, dalla fine degli anni '80 del Novecento, ha cominciato ad esprimersi da parte di alcuni professionisti del settore, una precisa volontà di cambiamento nella stessa concezione degli edifici. Risale al 1989 la stesura e la pubblicazione di un Manifesto per un'architettura bioecologica. Vediamo cosa scrivevano gli estensori di questo documento, Siegfrid Camana, Gianfranco Carignano, Enrico Micelli ed Ermes Santi.
"Se osserviamo la situazione ambientale del pianeta Terra dobbiamo constatare che l'attuale modello di sviluppo sta per raggiungere il punto di rottura. E' necessaria una presa di coscienza generale per comprendere come si è giunti a tale situazione, per evitare la catastrofe che si profila, 'inventando' un nuovo modello, che sia in grado di arrestare questo processo di autodistruzione. […] L'uomo ha raggiunto, con l'attuale modello di sviluppo, i limiti di tolleranza di questa situazione innaturale. L'ambiente chiede ormai tregua alla violenza che gli viene imposta. L'attività edilizia, in particolare, è per lo più fonte di distruzione dell'ambiente. Essa non può più esprimersi come appropriazione di nuove aree, sfruttate intensamente da una attività costruttiva sempre più prepotente. […] [L'Architettura Bioecologica] si propone, come elemento fondamentale, il ripristino di un territorio sano, in cui inserire infrastrutture e servizi decisamente non inquinanti, supporti di agglomerati urbani 'vivibili', per ritrovare anche quei rapporti sociali che progressivamente si sono disgregati" [2].
Avremo modo di tornare in seguito sul Manifesto, per osservare quali sono i risultati che si prefigge di ottenere e quali le modalità con cui farlo. Per il momento possiamo soffermarci sul punto di partenza, sulle cause che hanno indotto gli estensori a redigerlo. Punto di partenza è la constatazione della stretta connessione tra problematiche ambientali e modello di sviluppo dominante. Se tale modello di sviluppo ha generato queste problematiche, la soluzione non può che essere il cambiamento proprio di questo modello, e ciò può avvenire solo se si realizza una presa di coscienza generale. Il Manifesto si propone, quindi, di modificare questo modello di sviluppo indicandone un altro, per la realizzazione del quale è necessario che l'architettura dia il suo contributo.
[1] Uwe Wienke, Manuale di bioedilizia, DEI, 2008
[2] Manifesto per un'architettura bioecologica, Udine, 15 ottobre 1989
venerdì 12 ottobre 2012
Il nostro futuro
Il villaggio del futuro è di legno, autonomo e senza allacci del gas
Prove di innovazione
In fase di completamento le 'case passive' a Villa Fastiggi
di Francesca Pedini
Pesaro, 'case passive': l'architetto Giulia Sotte in cantiere (Foto Pedini)
Pesaro, 11 ottobre 2012 - Il futuro a Pesaro è gia realtà. Il villaggio di ‘case passive’ progettate vicino al Foglia, nei pressi di Villa Fastiggi, è già stato completato nelle strutture in legno e sono in fase di realizzazione il cappotto termico esterno e gli impianti interni. Proprio in questi giorni, nella prima abitazione si è passati alle finiture: isolamento acustico e rivestimento con pannelli di fibrogesso per le pareti.
Entro la primavera alcune famiglie potrebbero già abitarle. Si tratta di case superisolate, confortevoli e salutari, che sfruttano le energie rinnovabili per sfamare la propria richiesta di energia e hanno impianti che consumano meno di un ferro da stiro.
Le ‘case passive’ infatti, sono edifici in grado di raggiungere l’autonomia energetica (che di questi tempi è un vero lusso), e in cui il bisogno di calore è così ridotto che si può fare a meno del tradizionale sistema di riscaldamento. Tant’è che il complesso non è allacciato alla rete del gas. L’ex assessore all’Urbanistica Pieri, che le aveva visitate prima di lasciare l’incarico, le ha definite “l’edilizia del futuro, la strada maestra da seguire”.
Pratiche urbanistiche talmente valide, che il progetto è stato presentato come esemplare al Festival della Felicità dell’anno scorso ed illstrato quest’anno all’Energy Days. Le prime case passive si sono sviluppate in nord Europa, soprattutto in Germania e Svezia, ma a proporle a Pesaro è stata una cooperativa creata da 8 giovani famiglie (“Cercandocasa”), che guidate dalla coppia degli architetti Signorotti e Sotte, hanno realizzato a Villa Fastiggi un intero condominio di 23 abitazioni.
“Siamo tutte famiglie che da tempo cercavano casa a Pesaro — spiega l’architetto Giulia Sotte, presidente e fondatrice della cooperativa — e avevamo idee ben chiare: il massimo comfort abitativo e la minima spesa per la gestione della casa. Per questo, dopo aver trovato il lotto giusto, abbiamo creato una cooperativa per realizzare il nostro villaggio dei sogni. Ogni casetta è arrivata con un camion, è tutto abete finlandese proveniente dall’Austria. Per il montaggio di ogni casa (in media 130 metri commerciali) ci vuole un giorno e mezzo. L’operazione più complessa è il fissaggio della ferramenta, che vista la rigida normativa antisismica, è la fase decisiva.Queste case, sicuramente non cadono”.
Il progetto prevede 23 unità immobiliari, di cui 8 destinate ai proprietari del terreno, 9 alle famiglie della cooperativa e le restanti 6 sono state messe in vendita. Si tratta di circa 1800 m² occupati da case e circondati da 1,2 ettari di parco giardino, con cortile interno in cui è previsto un parco giochi, con tanto di rete wifi, ma anche spazi comuni, parcheggi interrati, giardini e anche preziosissimi orti.
“L’edificio – riprende Giulia Sotte — avrà un consumo di energia inferiore a 15 kWh/m² annuo per il riscaldamento, altrettanti per il raffrescamento, e 42 Kwh/m² annuo per tutte le utenze e la produzione d’acqua calda sanitaria. Per il riscaldamento invernale, il risparmio energetico è del 90% rispetto ad un edificio tradizionale, e dell’80% rispetto a una moderna casa conforme ai più avanzati regolamenti europei. Una “passivhaus” per riscaldare un appartamento di 100 m² in 1 anno usa un equivalente di 150 litri di gasolio, ossia 2 pieni dell’automobile”. E ancora: “Abbiamo calcolato che con una casa standard (anni ’70) di 100 mq, si consumano in un anno 1.620 euro. In un’analoga casa passiva se ne spendono 270. In 30 anni il risparmio potrebbe essere di circa 40.500 euro solo per il riscaldamento..”.
Francesca Pedini
Iscriviti a:
Post (Atom)